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Immagine del redattoreLisa Proietti

Una maestosità della Natura, il Giglio di San Giuseppe.

Anche quest'anno come ogni anno, senza alcuna cura umana se non quella del suo primo coltivatore mio nonno Mario tanto tempo fa..., una maestosità della Natura il 'Giglio di San Giuseppe' è rifiorito nel mio boschetto in tutto il suo splendore con i suoi fiori grandi e carnosi, petali bianchi e il lungo stelo.


Siamo tra la fine di maggio e i primi di giugno, in un ecosistema collinare del centro Italia, Lui - candido "funambolo" tra campanelle, asparagine ed erbe spontanee - richiama al suo cospetto un eterogeneo "movimento di piazza" di calabroni, zecche e farfalle; ad ogni sua "spadata" impugnata da un vento delicato, un "lancio di coriandoli" arancioni e un buon profumo inaugurano la festa.


Ogni volta che ammiro questa semplice e pura ricorrenza, che può durare circa un mese, mi tornano alla mente tutti i racconti serali ascoltati da bambina attorno al suo Mito associato a San Giuseppe, il patrigno di Gesù; si narra, infatti, che la Vergine Maria abbia scelto Giuseppe come sposo notandolo tra una moltitudine di gente proprio mentre teneva in mano un giglio bianco.


In questo microcosmo così incantevole, mi "riaffiora" anche un quadretto indelebile di mia zia Federica che teneva sopra al comò, come si usava un tempo..., in cui San Giuseppe era raffigurato con in mano un bastone fiorito di gigli bianchi, a simboleggiare la sua purezza e la castità con cui conviveva con Maria.


D'un tratto, quel movimento di piazza, sopra citato, si veste di Divino e il mio racconto serale si rivolge ai bambini di oggi perché possano emozionarsi di stagione in stagione, come me, attraverso manifestazioni tanto gentili:


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